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MADRI ED EREDITA’
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davFatoumata Keita, di stirpe mandeng, detta Fanta Djan (quella alta) , è una donna decisa e testarda. Suo marito M. prima dei giorni di festa, regala alle sue mogli una stoffa equivalente a 3 pagnes, l’occorrente per un abito e un copricapo. A lei ne regala sempre un po’ di più, suscitando l’invidia delle altre: è alta quasi 2 metri. La comunità le porta grande rispetto: è una persona che parla in maniera diretta e onesta, si prende cura di tutti perché ripete sempre che in questo modo – è certa – i suoi figli troveranno sempre chi li aiuterà nel momento del bisogno. E’ una donna intraprendente e cerca di rendersi autonoma commerciando carbone: lo acquista all’ingrosso, lo trasporta con un camion che ha comprato anche grazie ai risparmi che le manda il suo primo figlio dalla Libia, e lo rivende al mercato di Bamako. Insomma, notevole per una donna analfabeta, nata in un piccolo villaggio del Mali in epoca colonialista.
Fanta djan muore nella primavera del 2015. Lascia dietro di sé i suoi figli:
Nene, la maggiore, che già da anni si occupa dei fratelli più piccoli
Tara, cresciuta in Senegal affidata ad una zia
Issiaka, primo figlio maschio, all’epoca appena sbarcato in Italia
Maimouna, detta Maì, la figlia tenuta lontana, poco amata
Aissata, bella e di pelle chiara, come la nonna peul, la figlia preferita, sposata ad un giornalista
Issoufa detto Karamogo
Omar, il più coccolato
Tata
Mamadou, detto Ba “grande” perché porta il nome del padre e del nonno, del profeta.
Tabara, detta Ma

Quello che è straordinario non è avere 10 figli, ma averli tutti vivi e in buona salute. Ecco , per capire, per non tirare giudizi affrettati, bisogna immergersi nel contesto. In un paese in cui la forza fisica è la massima risorsa, e comodità e cure sono ridotte al minimo, il corpo si logora velocemente, si invecchia rapidamente e i figli sono come la pensione, sono l’investimento per il futuro, per la vecchiaia. La vita corre ad un’altra velocità, si impara a sopravvivere presto: a 2 anni smetti di ricevere le poche attenzioni perché probabilmente c’è già un nuovo nato in famiglia. A 5 sei pienamente autonomo, ti lavi, ti vesti da solo, vai a comprare, badi ai fratelli più piccoli e poco dopo anche alla casa, tiri l’acqua dal pozzo, accendi il fuoco, cucini, pulisci, lavi gli abiti, perché i grandi vanno a lavorare. E se sei fortunato intanto studi. E fai tutto questo prima e dopo la scuola. Si ascolta la natura, la pubertà segnala che si è pronti per avere una famiglia. Recentemente un’amica, nostra ospite a cena, stupita dalla quantità di fratelli di mio marito, chiede: ma è obbligatorio per una donna aver figli?
Qui in Italia sosterrei il contrario, ma pensando all’Africa, ho risposto con naturalezza: nessuna donna lì se lo chiederebbe mai. Non solo è il corso naturale delle cose, ma diventare madre cambia lo status sociale, accresce il valore nella comunità, direttamente proporzionale al numero di figli e strettamente legato alla loro riuscita personale in futuro. Una donna che non può avere figli viene declassata in un certo senso, non gode di certi privilegi e dovrà preoccuparsi di come affrontare la sua vecchiaia ,soprattutto dopo essere rimasta vedova.

Ma in questa storia è il vecchio M. a restare vedovo e quando Fanta djan muore, succede quello che ho già citato nello scorso racconto: ogni pretesto è un’occasione per guadagnare, per arrangiarsi, per sopravvivere. Le amiche si fanno avanti, inventano debiti, pretendono soldi che Fatoumata doveva loro,una addirittura si dice comproprietaria del camion, portano finti testimoni per convincere la famiglia, perché nessuno dei protagonisti di questa storia sa scrivere e se lo sa fare non esiste nessun documento a cui rifarsi.

Quando mio padre è morto, avevo poco più di 20 anni. Ho sostenuto spesso il peso di accompagnarlo alle terapie, parlare coi medici e assisterlo in ospedale, nonostante fossi la più piccola dei miei fratelli e in qualche modo non toccasse a me. Il giorno del suo funerale, con tagliente puntualità, il suo capo va da mio fratello e sussurrando le condoglianze, gli allunga un biglietto con la cifra che mio padre gli doveva. Denaro prestato per avviare appunto a mio fratello, un’attività. E’andato da lui,il figlio maschio eppure l’anello debole della catena, che non ne sapeva niente di questi conti, che si era tenuto lontano, non da mia madre che avrebbe saputo come gestire, che conosceva tutti i movimenti, che sapeva la verità.

Dei 10 figli chi si assunto la responsabilità non sono stati i figli maschi, come userebbe in Africa. E’ stata proprio quella figlia, tenuta in disparte per tutta la vita, che non ha sopportato di sentire il nome di sua madre infangato da chi si diceva sua amica. Incinta di 9 mesi ha tagliato corto: “datemi una data e vi porterò quei soldi”. Ha smosso mari e monti, ha attinto a tutte le sue risorse e grazie anche a quella gravidanza, ce l’ha fatta, Maimouna.

Albero-alberi-Interpretazione-dei-sogniSempre più spesso, mentre ci raccontiamo a vicenda, io e Issiaka, sentiamo che la distanza, le culture, le lingue, le usanze, che ci hanno separato fino a qui, rivelano storie molto simili, punti in comune, somiglianze. Le coincidenze non le contiamo più. Sentiamo semplicemente di appartenere uno al mondo dell’altro, con la naturalezza di “qualcosa che era già scritto”, uniti dalla volontà di scrivere una pagina nuova, di andare oltre le eredità e le credenze delle nostre famiglie, per far germogliare un nuovo ramo dell’albero genealogico.

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