Tempo per la lettura: 7 minuti
Pensieri di viaggio – Mali
42312510_10158275879037228_5139847660169068544_o

44319740_10158341261937228_4089334097342627840_oCi sono stati vicini per tutto il viaggio e ci hanno scortato fino all’ultimo momento in aeroporto.
Ci siamo salutati stringendoci la mano sinistra, come si usa qui se non sai quando potrai rivedere qualcuno o quando sai che passerà molto tempo, perché significa lasciarsi nella pace.
Qui per 20 giorni ho smesso di usare indistintamente le mie mani. Ogni mano ha i suoi compiti, ogni gesto il suo significato.
Doumni bolo, la mano destra, la mano con cui ti nutri, quella con cui saluti, con cui porgi i soldi, il cibo. L’altra quella per pulirti e dare l’addio.

Sull’aereo ho preso un té caldo. Persino ad alta quota ormai é facile avere ogni comfort.
In Africa tutto era lento. Faticoso.
Penso a tutte volte che ho rinunciato ad un “lipton” – come lo chiamano li – perché vai a prendere l’acqua al pozzo, prendi il carbone, fai il fuoco, lava la pentola che anche se l’hai messa via pulita sarà piena di terra e polvere, aspetta che l’acqua si scaldi, prepara il tè (per un po’ di persone perché si offre e si divide sempre tutto), sciacqua le tazze che saranno piene di polvere anche quelle, sciacqua l’unico cucchiaio in casa e metti lo zucchero per tutti…
Così ho fatto a meno di qualche tazza di tè e di tante voglie che soddisfiamo continuamente senza averne bisogno realmente.
E senza apprezzarne il valore purtroppo

44023938_10158323149622228_8814819951496921088_oStamattina mi sono messa in pari con la fretta con cui tutti camminano qui in Occidente. Ho rallentato dopo qualche minuto perché le gambe oggi sono molli ma anche perché altre abitudini sono ancora molto vive.
Qui non devo guardare dove metto i piedi per evitare pozze di fango, buche, cumuli di spazzatura, galline e pulcini che scorrazzano liberamente, cacche di mucca, asino, capre. Qui la gente tiene la testa bassa, gli occhi sul cellulare, così “ottimizza”.
Quante volte ho chiesto a mio marito dopo infiniti saluti: chi è? E lui: non lo so, non lo conosco, ma qui si usa così.
Buon mattino, dormito bene? E la famiglia? È la salute? E i bambini?
Quante volte mi sono spazientita di non poter fare 100 metri senza fermarci 10 volte a salutare chiunque. Ma poi è diventata una buona abitudine, che faceva sorridere me e ancor di più gli altri per il mio Bambara zoppicante.
Oggi qui mi é sembrato tutto un po’ più grigio, un po’ meno sorridente

In questi giorni ho fatto il cambio armadi.
“Anche se non si sa più come vestirsi perché ora fa di nuovo caldo”
Anche se ho un armadio 4 stagioni che mi copre una parete intera. E ogni volta realizzo che metà di quei vestiti non li ho neanche messi, ma li tengo cmq e che molti maglioni manco mi ricordavo di averli ma li tengo. Accumulo. Sento ancora mia nonna “tieni da conto che non si sa mai, non si butta via niente” voce di chi ha visto due guerre.
E ripenso a tutti i miei viaggi in Africa e l’organizzazione della casa che mi ha sempre colpito.
Una corte comune, uno spazio a cielo aperto dove si cucina, si mangia, si chiacchiera, i bambini giocano e fanno i compiti, si stendono ad asciugare miglio, arachidi, mais, circolano galline e capre, si fa il bucato, si stendono i panni, si ricevono gli ospiti, si posteggiano auto e moto.
Intorno a ferro di cavallo le stanze. In media una stanza per famiglia. Ovvero UNA STANZA per 3-5 persone, per dormire, per tenere i vestiti di tutti, i propri beni, magari anche i sacchi di miglio e riso, magari anche gli utensili, magari la giara con l’acqua fresca da bere…
Una stanza…Buon cambio stagione a tutti

Il mio viaggio in Africa lascia una lunga scia e spero che i miei occhi e la mia visione restino aperti e “sensibili” a lungo.
Supermercato. Sono in coda alla cassa. Alle mie spalle un bimbo che piange, meno di un anno,in braccio ad una mamma visibilmente provata. La mamma la riconosco : una mia ex compagna di università. Mi offro subito di mettere io la sua spesa sul nastro e poi di mettergliela io nelle borse e poi di sistemargliela io sotto al passeggino. Lo faccio senza pensarci.
Lei armeggia per trovare il portafoglio, la borsa, calmare il bambino.
” tranquilla! Faccio io, hai due braccia mica puoi fare miracoli”
“ehhh in realtà mi tocca provare a farli tutti i giorni”
Mi sono occupata della sua spesa ma sarebbe stato più logico che le prendessi un attimo in braccio il figlio perché avesse le mani libere di trovare i soldi e sistemarsi le borse, ma QUI NON SI FA . Già così c’era imbarazzo, ma anche disappunto, una sensazione tra il “cosa vuoi?!” e il “ce la devo far da sola senza disturbare nessuno”. Eppure ci conosciamo.
In Africa quante volte mi sono trovata con in braccio bambini di sconosciute… persino a un funerale un giorno, scende una tipa dal motorino, non dice niente mi molla il figlio in braccio e va a parcheggiare, sparisce. Mi stupivo della fiducia ma ha un senso. Siamo donne. Ci si aiuta. Abbiamo gli stessi bisogni.
Sarebbe tutto più leggero se questa cooperazione e questo senso di comunità esistessero ancora.
La ricchezza nelle piccole cose.

Le presentazioni, i convenevoli. Poi da noi, una delle prime domande é sempre : e di che cosa ti occupi?
Il lavoro. Che definisce uno status sociale, le frequentazioni, le competenze, scandisce viaggi, determina tempo libero e fascia di reddito.
Per tutto il mio soggiorno in Mali, qualunque donna a cui io venissi presentata, chiedeva tra il sospettoso e il preoccupato : sai fare il tô?
Perché quello è il loro piccolo grande mondo e da quello si vede il valore di una buona moglie.
Non ha alcun senso che io sappia usare un computer, abbia viaggiato in tutta Europa con i miei spettacoli o sappia organizzare un evento. Non so pilare il miglio e non so fare il tô.

Se guardo à questi giorni in Mali, non so se la cosa più difficile siano state le condizioni di vita e di igiene, il fatto di non poter comunicare ed essere immersa in una bolla dove intorno si parla SOLO una lingua che non capisco affatto, il fatto di non essere indipendente o il fatto di non poter partecipare come persona attiva che organizza, decide, dà consigli e dà la sua opinione. In poche parole, tutto il mio mondo.

43678692_10158320402622228_8590815068885614592_oUn po’ dei bambini “di casa”.
A ottobre é cominciata la scuola anche in Mali e il cortile di casa la mattina si è quasi svuotato. I banchetti del mercato in questo periodo espongono anche quaderni, zainetti, materiali necessari per la scuola. Una spesa totale di circa 3000-5000 cfa, meno di 10 € per capirci. Alcuni di questi bimbi non ci possono andare a scuola. Non parliamo di famiglie poverissime, ma della media e 5000 cfa fanno la differenza. Con 5000 cfa una famiglia ci mangia 2 giorni. Qui si vive alla giornata, quel che si guadagna oggi si usa per mangiare domani. Gli imprevisti semplicemente si accettano e sopportano. C’è bisogno dell’aiuto di tutti.
E così anche i bambini lavorano. Chi nelle mansioni domestiche, chi fuori, per aiutare la famiglia o “semplicemente” pagarsi i quaderni di scuola.
La pacchia di una famiglia normale

43514723_10158317720827228_5498551358657134592_oLe arance sono come la terra in cui crescono, come la gente che le coltiva.
Qui la buccia é impenetrabile, una corazza necessaria alla sopravvivenza. Le unghie la aprono a fatica. Gli spicchi sono asciutti. Poca acqua in questa terra. Poche parole gli anziani saggi. Codici che bisogna saper interpretare. Così come a fatica le dita si infilano tra gli spicchi per spaccarli.
Aspre come la vita di qui, che é una continua scommessa, ti mette alla prova e non ti sorride.
Ma tolgono la sete e danno sollievo come le tante benedizioni che tutti si fanno qui, dandosi speranza e forza

43410114_10158313810342228_8274261891677683712_oLunghe ore chiusi in camera, con una pioggia incessante che batte sul tetto di lamiera come fossero sassate.
Brocche e tazze sparse in tutta la stanza a raccogliere le gocce che cadono dal tetto, ognuna col suo timbro. Una musica inedita e assordante, per chi, come me, non ci é cresciuto sotto..
Mentre speri che le pareti di fango resistano a quest’ennesimo temporale.

42981078_10158298528007228_1099338785407107072_oSpiego la foto perché non rende:
Sera (vedi torcia in mano) .
Siamo in cucina.
Stiamo tagliando a pezzi la carne. Io ne tengo un lembo, lei l’altro. Taglio e guardo le sue dita temendo di farne finire un paio nello spezzatino. Continuo l’operazione con la bimba vestita di azzurro, ancora più in ansia per lei. Chi si farà un taglio alla fine è la sottoscritta.
Qui apprezzo tutte le nostre comodità anche quelle più scontate… Insomma : chi ha mai gioito per un tagliere?! O per l’interruttore della luce?
Ma soprattutto non smetto di stupirmi per come i bambini sono continuamente “a braccetto” col pericolo, cose che da noi sarebbero da denuncia… Ma posso dire una cosa?! Questi bambini sono in gamba. In proporzione hanno uno sviluppo cognitivo, motorio, un’abilità manuale, una capacità di responsabilità e di problem solving che I nostri 15enni se la sognano.
Anche se auguro a tutti loro di non dover far per sempre i conti con la sopravvivenza e di poter crescere un po’ più “leggeri”

La mia accoglienza in Mali ha superato ogni aspettativa. L’ospitalità africana è nota a chiunque abbia avuto l’opportunità di viaggiare ma non avrei mai immaginato di vedere tutte le donne del villaggio, persino le più anziane, danzare per me tutta la sera, con canti femminili e tradizioni preziose, per festeggiare la nuova moglie della famiglia

45000642_10158361107357228_3268115562705715200_n44908279_10158361108722228_4956011180020727808_n“La tradizione é il culto del fuoco, non l’adorazione delle ceneri” (G. Mahler)
Un giorno parlando con una guida del museo delle maschere di Mamoiada, che fu Mamuthone da giovane, quindi iniziato, mentre mi raccontava del loro gemellaggio con i Dogon del Mali mi fece riflettere dicendo : parliamo di tradizioni e ci ostiniamo a definirle rigidamente fino a fossilizzarle quando sentiamo che le stiamo perdendo, quando dobbiamo mettere delle regole per ricordarcene , ma a quel punto le abbiamo snaturate e le abbiamo già perse. La tradizione vive, si rigenera, si evolve e non deve temere il cambiamento.
Interessante riflessione che in questi giorni acquista un grande significato.
Qui sopra maschere sarde e maschere Dogon. A voi le conclusioni.

Potrebbe interessarti

19 Agosto 2020

E’ ovvio che un nero…

C’è un razzismo sottile che si insinua tra i gesti della gente. Corrode giorno dopo giorno la dignità e si nasconde dietro la carità....

5 Novembre 2019

COPPIE

Quando vado a prendere B. a scuola, alle sue compagne che le chiedono chi sono, lei ridendo risponde: “Non lo so, una-tipo-zia”. Perché sono...

25 Ottobre 2019

DISTANZE

Ho cominciato a camminare a 9 mesi. A 6 anni il primo viaggio intercontinentale con i miei genitori e ad 11 anni ero già...