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E’ ovvio che un nero…
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C’è un razzismo sottile che si insinua tra i gesti della gente. Corrode giorno dopo giorno la dignità e si nasconde dietro la carità.
Mio marito aspetta di poter prelevare, fuori da una banca, mentre lo sportello è occupato da qualcuno. Finita l’operazione, la persona esce, lo vede e gli mette in mano qualche moneta, d’istinto, senza neanche guardarlo in faccia. Perché è ovvio che se un nero si trova lì sia per chiedere l’elemosina.

Durante il lockdown era lui ad andare a far la spesa spesso. Si metteva pazientemente in coda e immancabilmente arrivava qualcuno che lo superava e gli si metteva davanti. Passava qualche secondo. Lui non diceva niente, i loro sguardi si incrociavano e la persona in questione gli vedeva in mano le borse: “Ah scusa non pensavo fossi qui anche tu per far la spesa”.
Intanto è ovvio che a uno sconosciuto, se nero, dai del tu. E se c’è un nero fuori da un supermercato è ovvio che possa solo chiedere l’elemosina.

Una sera è tornato a casa con un sacchetto pieno di brioches e focacce, che un bar in orario di chiusura gli aveva regalato. Un gesto carino – forse – ma riflettendoci a me nessuno lo ha mai regalato. Semplicemente perché nessuno pensa che io possa avere bisogno di cibo e non abbia soldi per comprarlo. Ma è ovvio che un nero ne abbia bisogno.

Poi ci sono quelle persone gentili che alla cassa del supermercato mentre cerca nelle tasche gli spiccioli contati perché è sceso al volo sotto casa solo per prendere una cosa, in abiti comodi e infradito, si offrono di pagargli la spesa, perché è ovvio che sia un poveraccio.

Non importa se parla 9 lingue, ha due diplomi presi in due stati diversi, la patente italiana o chissà quale altro titolo. Resta un poveraccio. Sempre.

Ma queste sono le persone gentili.

Di quelli che ti tirano le uova per strada mentre torni elegante dalla cena di lavoro, di quelli che ti riempiono di botte sapendo che tu non reagirai per non mettere a repentaglio il tuo permesso di soggiorno, di quelli che ti obbligano a lavorare in nero 12h sotto il sole senza pausa pranzo perché tanto sei africano resisti alla fatica e hai bisogno di lavorare, di loro racconterò un’altra volta.

Oggi la rabbia e lo sdegno sono troppe.

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